Luca ha quarant’anni e conduce una vita senza sorprese: vive da sempre a Monterosso dove gestisce il bar di famiglia, ha una relazione tiepida con Giulia e non riesce a dimenticare Valentina, il suo grande amore del passato. L’estate è lenta e monotona, tra i vecchi avventori del locale, i turisti che invadono il paese, e le serate a bere con gli amici Pietro e Alessio. L’estate del 2001, invece, era esplosa nella sua vita come dinamite: diciott’anni appena compiuti, i primi baci e la scoperta dell’amore, i pomeriggi al mare e l’incontro con altri ragazzi che in quel luglio si erano trovati, insieme, a sognare un mondo migliore, e a voler lottare per quel sogno. Ma quando una sera Alessio, che abusa da sempre di alcol e droga, scompare senza lasciare traccia, Luca si mette alla sua ricerca, e quell’estate di tanti anni prima torna a presentargli il conto, facendo riaffiorare un tradimento e vecchi sensi di colpa mai sopiti. “Splendeva l’innocenza” è una canzone d’amore, ai desideri feroci della gioventù ma anche al disincanto dell’età adulta, alla rabbia e alla nostalgia, alla speranza e alla luce del riscatto. Ed è un invito a fare pace con se stessi, a perdonarsi le colpe, così da liberare il presente per cercare una nuova, consapevole felicità.
Da “Diario di una dipendenza” in recensione
Ci sono romanzi in grado di immortalare un momento, un’estate, come foto Polaroid. Lo scrivevo dell’ultimo Veronesi: un amarcord semplice e difficilissimo sul confine che separa l’infanzia dall’adolescenza. Quando accade, invece, di scoprirsi adulti? Crescere significa sopravvivere nel quarto romanzo di Roberto Camurri: scoperto otto anni, torna in libreria con il suo lavoro più memorabile, dopo i racconti dell’esordio e le sfumature horror dell’esperimento precedente. Alle prese con i sogni e le paure della meglio gioventù, firma un inno generazionale che sembra uscito da un ritornello degli 883. Questa volta non siamo a Fabbrico, ma a Monterosso, dove ho speso qualche giorno proprio al principio dell’anno nuovo. In questo borgo delle Cinque Terre stretto tra il mare e la montagna, il tempo sembra fermo. Soprattutto per Luca. Proprietario di un bar appartenuto ai genitori, si rifugia tra le braccia di una ragazza che ogni notte gli si intrufola in casa come una vampira. Presto compirà quarant’anni. Quando diventerà un adulto responsabile?
Le altre persone sparite, solo loro due, quella panchina e il profumo di lei, uno strano aroma di mele e vaniglia. Luca avrebbe voluto rimanere in silenzio, toccarla, baciarla. Restare su quella panchina per sempre.
Mente l’amico Pietro si è già sposato, c’è qualcun altro che gli dà da pensare: Alessio, mingherlino ma titanico, ha un animo vagabondo e sempre scarsa voglia di rincasare. Quale affinità lo inchioda al devoto Luca; quale colpa? Ormai magistrale nel ritrarre questi microcosmi sospesi e sonnolenti, sensibilissimo nella trattazione di una mascolinità spoglia di qualsiasi machismo, Camurri ci sussurra di genitori che invecchiano, ideali che scolorano, amicizie che durano. E mentre la natura minaccia alluvioni, preannunciando in anticipo il climax dell’epilogo, l’autore si barrica nell’eterno presente della giovinezza tramontata. Scritto a cavallo tra due linee temporali, Splendeva l’innocenza splende — letteralmente — nei suoi lunghi flashback. Il 2001 non è in bianco e nero. Coloratissimo, pieno di bandiere rosse e arcobaleno, ci mostra protagonisti socialmente impegnati, politicamente schierati, che all’indomani del diploma sognavano un altro mondo possibile. In una Genova a ferro e fuoco, in quei giorni, si teneva il G8.
Perché la nostalgia ha rotto il cazzo.
Nel caos delle manifestazioni, Camurri isola abilmente immagini di bellezza e devastazione. E con poche precise pennellate cristallizza la fiducia, la rabbia, il volto di un primo amore di nome Valentina. Che fine ha fatto quella novella partigiana che sognava soltanto di dire: «Io c’ero»? Tra attese in stazione, abbracci goffi e sigarette di troppo, Luca e gli altri si librano in una bollaoltre i confini del mondo. Quando scoppierà, le conseguenze faranno un male cane. Pervaso di una nostalgia balorda, questo Camurri sa di fumo e lacrimogeni. Il vento lo spettina, gli schizzi del mare lo raggiungono finanche in strada. È allerta meteo: l’alta marea ha trascinato a riva resti sparsi, ricordi. Speriamo che, quando le acque si ritireranno, avranno clemenza per le fantasticherie dei ventenni che furono. Dove finiscono le speranze? E le onde?
Roberto Camurri è di Fabbrico, un paese triste e magnifico di cui è innamorato forse perché è riuscito a scappare. È sposato e ha una figlia. Scrive da pochi anni, anche se avrebbe voluto scrivere da sempre. A misura d’uomo (NN Editore, 2018) è il suo romanzo d’esordio. Nei suoi libri traccia le coordinate di un’umanità sulla soglia, in perenne ricerca del senso da dare all’esistere anche quando il passato ha segnato di cicatrici indelebili la propria, singola esistenza. In Splendeva l’innocenza, il nuovo romanzo per NN Editore, il passo in avanti se così si può definire, – ma Roberto Camurri con la sua scrittura liquida è sfuggente a ogni definizione o processo o percorso, – è il tema storico: il G8 di Genova. Roberto Camurri non si piega alla storicità e dell’evento storico riesce a decifrare l’interiorità, l’introspezione, quello che significa e rappresenta per Luca soprattutto, ma anche per Alessio e Valentina, e in un certo modo anche per Pietro e Giulia. Ne fa un segno intimo ed esistenziale. L’imperfetto del titolo è seme e significato del groviglio emotivo e della tensione di cui il romanzo si fa carico.

